Le donne dipinte da Laura Amato
Laura Amato dipinge della figure snelle e sfuggenti, nelle quali si intuisce l’amore che ella deve aver avuto per i grandi maestri, del tratto rapido e sicuro, come Diego Velazquez e Chaim Soutine: una pennellata sintetica, eppure vivida, lo stesso tratto che attraverso il tempo proietta il proprio riflesso dalle primordiali caverne francesi di Lascaux.
Sono figure di donne, che si stagliano su un fondo monocromo, del corpo delle quali ne percepiamo appena una gamba, una testa, una mano: immagini che – intuiamo – rimandano all’autrice stessa e nelle quali vi scorgiamo la concezione dellla relazione ch’ella ha col tempo e lo spazio.
La forma medesima di queste figure, quasi delle decalcomanie che sembrano sovrapporsi allo spazio entro cui fluttuano, rimandano al profilo di un’ombra cinese che traversa lo scenario indefinito del ricordo: il fondo monocromo non offre alcun appiglio spaziale e, come in alcune tele di Caravaggio (pensiamo alla Madonna dei Palafrenieri), da quel nero catramoso o da quel giallo senape, affiora una figura, come fosse l’eco transitoria di un pensiero, di un ricordo, di un sogno.
Vi è una elegante tensione tra un “qui e ora” e l’attrazione verso il fuggevole, l’indefinito, il momentaneo.
E’ uno spazio solido, quello che ci avvolge nel quotidiano vivere, dal quale l’artista si divincola, relegando il mondo sensibile a semplice quinta scenica: pura astrazione immateriale e inafferrabile, contro il cui fondo monocromo si staglia un profilo che appare scorporato e divincolato dalla costrizione che impongono la luce, che è il tempo, e lo spazio, che è lo sfondo, di un quadro.
Altre volte, vi è una fotografia, che contestualizza la figura dipinta, che tenta di incastonare la figurazione d’un pensiero in un preciso luogo del mondo, di inserirlo nel tempo: eppure, il mondo reale (lo scatto) e quello artefatto (l’esecuzione pittorica), benché siano sulla tela sovrapposti, rimarcano quanto le due dimensioni siano invece eternamente distinte e come soprattutto la realtà trasfigurata della crezione sia vertiginosamente più abbagliante di quella ritratta da un mezzo meccanico od elettronico.
In questo alfabeto simbolico, il colore assume un ulteriore significato: la silohuette delle gambe è nera, quando queste figurano una caduta; è color avorio, quando il linguaggio del corpo esprime distensione e aspirazione.
Infine, la donna dipinta da Laura Amato, si colora di rosso vinaccia, nella fattezze di una meditativa figura femminile che appare consimile, specie nella postura del braccio piegato accanto alla testa, alla statua della Notte, scolpita da Michelangelo, nelle Tombe Medicee: opera che ispirò a Giorgio Vasari questo splendido verso, e che oltretutto s’adatta, poiché eterno, e dunque attuale, anche alla rosso figura dipinta, e – chissà – anche all’opera tutta, di Laura Amato:
“Si torce con amaritudine,
dolendosi
della sua continuata bellezza”.
Luigi Senise
Foto di Antonio Giovannoni
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